Corte di Cass. Sent. N. 21939/2017 III Sez. Civ. – Pubblicata in data 21 Sett. 2017
La sentenza in argomento sancisce che il giudice può stabilire un importo superiore a quello previsto dalle consuete tabelle soltanto se precisa le peculiarità del caso in esame, che sono solo quelle legate all’«irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale».
La peculiarità sussiste se le conseguenze del danno superano quelle “ordinarie” già previste e “compensate” dalla liquidazione forfettizzata delle tabelle in uso negli uffici giudiziari .
La sentenza individua le due fasi nella liquidazione del danno da parte del giudice: la prima fase identifica le conseguenze ordinarie che subirebbe normalmente qualsiasi vittima di analoghe lesioni; la seconda individua le eventuali conseguenze peculiari.
In mancanza di tali specifiche circostanze, riconoscere ulteriori poste risarcitorie determinerebbe inevitabilmente una duplicazione di voci di danno. E la duplicazione non è ammissibile, considerato che «ciascuna delle conseguenze ordinariamente secondarie a quel tipo di lesioni (di quella specifica entità e riferite ad un soggetto di quella specifica età anagrafica) devono presumersi come già per intero ricomprese nella liquidazione del danno alla persona operata attraverso il meccanismo c.d., tabellare».
In particolare la sentenza, richiamando il consolidato insegnamento giurisprudenziale, chiarisce che la categoria generale del danno non patrimoniale -che attiene alla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da valore di scambio- presenta natura composita, articolandosi in una serie di aspetti (o voci) aventi funzione meramente descrittiva, quali il danno morale (identificabile nel patema d’animo o sofferenza interiore subiti dalla vittima dell’illecito, ovvero nella lesione arrecata alla dignità o integrità morale, quale massima espressione delle dignità umana), quello biologico (inteso come lesione del bene salute) e quello esistenziale (costituito dallo sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto danneggiato), dei quali -ove essi ricorrano cumulativamente- occorre tenere conto in sede di liquidazione del danno, in ossequio al principio dell’integralità del risarcimento, senza che a ciò osti il carattere unitario della liquidazione, da ritenere violato solo quando lo stesso aspetto (o voce) venga computato due (o più) volte sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni.
Sul piano strettamente “operazionale”, muovendo dalla considerazione del danno alla salute, il compito cui è chiamato il giudice ai fini della relativa liquidazione, va distinto concettualmente in due fasi: la prima, volta a individuare le conseguenze “ordinarie” inerenti il pregiudizio, cioè quelle che qualunque vittima di lesioni analoghe subirebbe; la seconda, volta a individuare le eventuali conseguenze peculiari, cioè quelle che non sono immancabili, ma che si sono verificate nel caso specifico. Le prime vanno monetizzate con un criterio uniforme; le seconde con criterio ad hoc scevro da automatismi.
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