Trombosi Venosa Profonda e le complicanze trombo-emboliche: Il fatto.
L’associazione ha trattato con successo – nell’unico grado di giudizio – la vicenda umana e sanitaria di un giovane uomo di 59 anni.
Il paziente si faceva accompagnare dai familiari al pronto soccorso a seguito del manifestarsi di un generale malessere caratterizzato da dolori allo stomaco, forti algie alla gamba sinistra e mancanza di fiato.
I sanitari sottoponevano a visita il paziente e l’esame obiettivo mostrava toni cardiaci validi e ritmici, murmure vescicolare fisiologico su tutto l’ambito, addome trattabile alla palpazione superficiale e profonda, non segni di irritazione peritoneale. Con riferimento all’anamnesi patologica prossima, i medici annotavano che il paziente, circa due ore prima del suo ingresso in Pronto Soccorso, aveva accusato dolore toracico ed epigastrico associato a dispnea della durata di un’ora e regredito spontaneamente.
Presa visione dei risultati degli esami ematochimici e di quelli strumentali chiedevano una consulenza cardiologica, ponendo quale quesito diagnostico dolore toracico.
Lo specialista cardiologo refertava paziente senza fattori di rischio cardiovascolari noti a parte ipertensione arteriosa.
A seguito della consulenza cardiologica dunque il paziente era trasferito, con la diagnosi di sindrome coronarica acuta, presso l’U.O. di Cardiologia. Al suo ingresso in Cardiologia, si raccoglieva l’anamnesi patologica prossima: stamane dolore epigastrico associato a dispnea.
La coronarografia eseguita mostrava un albero coronarico indenne da lesioni. Si individuava altresì una sacca ovalare aneurismatica intramiocardica rifornita da rami provenienti dal discendente anteriore e dal circonflesso fistolizzante nel tronco dell’arteria polmonare.
La notte il paziente non riusciva a riposare per i forti dolori alla gamba sinistra. A tale proposito, nel diario clinico si annotava la circostanza.
Si procedeva a ecocardiogramma transtoracico, all’esito di tale esame, i medici comunicavano al paziente e ai suoi familiari che si rendeva necessario un intervento chirurgico per la fistola riscontrata all’arteria polmonare. L’intervento però necessitava di uno specialista che avrebbe dovuto essere chiamato da altra struttura sanitaria.
I forti dolori alla gamba sinistra, però, non davano tregua al paziente e nel diario clinico, si annotava riferita dolenzia arto inferiore sinistro. Si riteneva pertanto opportuno richiedere un EcoDoppler venoso all’arto inferiore sinistro e nel frattempo erano somministrati al paziente degli antidolorifici.
Nella giornata seguente il paziente continuava a lamentare forti dolori alla gamba sinistra. L’ECG risultava invariato e i medici non apportavano alcuna modifica alla terapia farmacologica. Nel diario clinico si annotava in attesa di seguire Doppler.
I familiari, preoccupati per le condizioni del paziente e soprattutto per i forti dolori accusati alla gamba, insistevano energicamente affinché un medico valutasse con attenzione l’arto inferiore sinistro. Il sanitario dapprima rassicurava sostenendo che non si trattava di nulla di grave poiché la gamba era calda poi, tastando l’inguine sinistro del paziente che provava, in conseguenza di ciò, un dolore ancora più intenso, ribadiva la necessità di un EcoDoppler ma aggiungeva che l’esecuzione dello stesso era di competenza di un altro reparto.
Purtroppo il giorno seguente, secondo quanto riportato nel diario clinico, il paziente accusava improvvisa dispnea e senso di oppressione sternale. Si assicura accesso venoso centrale. Si monitorizza ECG che mostra ritmo sinusale a 85 bpm con sottoslivellamento del tratto ST in anteriore e laterale. L’Ecocardiogramma mostra diffusa ipocinesia del ventricolo sinistro. Inizia Dobutamina ev. Persiste stato di shock. Arresto cardiaco. Inizio delle manovre rianimatorie senza successo. Exitus.
Il paziente dunque decedeva.
A seguito di successivo esame autoptico, si accertava che l’exitus era stato provocato da una massiva trombo-embolia polmonare a partenza da una flebo-trombosi dell’arto inferiore sinistro estesa all’asse ileo-femorale omolaterale in un paziente con coronarie indenni.
Una notevole quantità di trombi freschi (costituiti da piastrine, fibrina con una elevata componente di globuli rossi) si era conseguentemente embolizzata nell’albero polmonare con ostruzione del tronco dell’arteria polmonare, occlusione completa dell’arteria polmonare sinistra e delle arterie di secondo e terzo ordine (lobari, segmentarie) del polmone destro.
L’occlusione acuta di gran parte dell’albero arterioso polmonare, provocato dalla massiva trombo-embolia, aveva ridotto le capacità di ossigenazione da parte del polmone con conseguente stato di ipossia acuta, sovraccarico delle sezioni destre del cuore, shock cardiogeno da cedimento del ventricolo destro ed arresto cardiaco irreversibile.
La responsabilità.
I familiari avendo improvvisamente e inaspettatamente perduto il congiunto, non persuasi dalle giustificazioni dei sanitari, si rivolgevano al team di SanaSanitas per comprendere cosa fosse realmente accaduto e per avere un quadro chiaro di eventuali profili di responsabilità a carico della struttura sanitaria.
Lo studio della cartella clinica chiariva i dubbi dei familiari perché effettivamente venivano evidenziate delle inescusabili negligenze causalmente rilevanti nel decesso del paziente.
Il paziente si recava presso il Pronto Soccorso lamentando mancanza di fiato nonché dolori allo stomaco e alla gamba sinistra. I sanitari, ritenendo che la sintomatologia presentata dal paziente fosse da ricondurre ad una patologia cardiaca, decidevano di trasferire il padre e marito delle mie assistite all’U.O. di Cardiologia. I medici dell’U.O. di Cardiologia, nonostante da subito ritenessero che sussistesse un quadro clinico idoneo per (quantomeno) ipotizzare una trombosi venosa profonda tardavano a richiedere un EcoDoppler venoso all’arto inferiore sinistro.
Ritardo ingiustificato che si rileverà fatale per il paziente.
Come riportato nel diario clinico ed infermieristico, il paziente non era nemmeno riuscito a riposare la notte a causa dei forti dolori alla gamba e l’arto si presentava insolitamente caldo. Inoltre, dall’anamnesi patologica prossima, risultava -circa due ore prima del suo arrivo al Pronto Soccorso- il paziente aveva avuto un episodio, durato circa un’ora, di dolore toracico ed epigastrico accompagnato da dispnea. Tali sintomi, inizialmente, erano stati attribuiti ad una cardiopatia ischemica ma, successivamente, di fronte alla persistente sintomatologia dolorosa alla gamba avrebbero dovuto essere correttamente valutati: con ogni probabilità, infatti, essi rappresentavano i primi segni di una embolizzazione di modeste quantità di materiale trombotico ai polmoni proveniente proprio dal (dolorante) arto inferiore sinistro.
Il primo profilo di responsabilità dei medici, dunque, attiene alla non corretta interpretazione del quadro clinico del paziente.
Successivamente (e questo rappresenta il secondo profilo di responsabilità), i sanitari non si sono attivati per la rapida esecuzione delle indagini strumentali e di laboratorio che avrebbero consentito di porre diagnosi certa di trombosi venosa profonda all’arto inferiore sinistro.
In particolare, si limiteranno a chiedere l’EcoDoppler (che però non verrà mai eseguito) e, alle legittime richieste dei familiari del paziente circa i motivi del ritardo nell’esecuzione del detto esame, risponderanno che la competenza era di un altro reparto.
La circostanza che i medici avessero richiesto un EcoDoppler venoso all’arto inferiore sinistro dimostra che essi sospettavano una TVP e che con l’esame volevano averne certezza.
Costituisce dunque una gravissima negligenza, in considerazione del fatto che la TVP con le sue complicanze trombo-emboliche (embolia polmonare) è una malattia potenzialmente fatale se non tempestivamente curata, il non avere provveduto ad eseguire tempestivamente i necessari esami.
I sanitari sono responsabili non solo per la mancata esecuzione dell’EcoDoppler venoso, ma anche per la mancata esecuzione del dosaggio del D-Dimero (che non verrà mai nemmeno richiesto).
Ai sopra esposti profili di responsabilità, se ne deve aggiungere un terzo. La TVP richiede un immediato approccio terapeutico pertanto, in presenza di un forte sospetto clinico e a fronte di un ritardo nell’esecuzione degli esami strumentali, si deve comunque subito iniziare il trattamento anticoagulante con eparina a dosi adeguate e dicumarolici.
Nella vicenda del paziente, pur in presenza di un quadro clinico suggestivo per trombosi venosa profonda, i sanitari non hanno ritenuto di iniziare sollecitamente un adeguato trattamento anticoagulante.
La flebo trombosi ileo-femorale, non diagnosticata e quindi non adeguatamente trattata, è andata incontro all’embolizzazione polmonare con ostruzione del tronco principale e dell’arteria polmonare sinistra unitamente a numerosi rami segmentari dell’arteria polmonare destra. Ciò ha determinato ipossia da deficit perfusivo polmonare e shock cardiogeno da disfunzione acuta del ventricolo destro causata dall’improvviso aumento delle resistenze polmonari. Il gravissimo quadro anatomo-clinico polmonare ha determinato il decesso del paziente in brevissimo tempo.
Il Processo civile.
A seguito di lettera di contestazione dei fatti la struttura sanitaria -che riteneva di essere assicurata per l’evento verificatosi- delegava alla compagnia l’istruttoria della pratica. L’assicurazione però eccepiva la decadenza dalla copertura assicurativa e quindi il processo si incardinava con la costituzione di entrambi i soggetti in qualità di convenuto e di terzo chiamato.
L’azione giudiziaria veniva avviata con il supporto scientifico del nostro team medico legale e del nostro fiduciario, primario di chirurgia generale, unitamente al responsabile dell’area legale dell’associazione.
Sotto il profilo giuridico, l’accettazione del paziente nella struttura sanitaria ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta di per sé la conclusione di un contratto a contenuto complesso tra paziente e struttura. Ne consegue che la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria nei confronti del paziente può conseguire, ex art. 1218 c.c., all’inadempimento delle obbligazioni poste direttamente a suo carico nonché, ex art. 1228 c.c., all’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario.
Essendo, le obbligazioni poste a carico del medico, obbligazioni inerenti l’esercizio di un’attività professionale, la diligenza nell’adempimento deve essere valutata alla luce dell’art.1176, II comma Cod. Civ., quindi con riguardo alla natura dell’attività esercitata.
Nella vicenda di cui si discute erano provati documentalmente:
l’esistenza del rapporto di cura;
l’aggravamento di una patologia (tromboembolismo venoso con conseguente embolia polmonare massiva) determinatosi in conseguenza delle multiple condotte omissive dei medici della convenuta i quali: non hanno diagnosticato clinicamente la trombosi venosa profonda alla gamba sinistra che il paziente presentava fin dal suo ingresso in P.S.; non hanno eseguito, pure quando hanno iniziato a sospettare la TVP, le indagini strumentali e di laboratorio che avrebbero consentito la diagnosi di trombosi all’arto inferiore; non hanno prescritto, pure nel sospetto di TVP, la corretta terapia anticoagulante (con eparina a dosi adeguate e dicumarolici) limitandosi a somministrare solo 4.200 U/die di eparina mentre ne sarebbero serviti almeno 12.000 U/die (in pratica, è stato somministrato il quantitativo indicato per prevenire la TVP e non quello che serve per una trombosi venosa profonda già in atto);
l’inadempimento dei medici, concretizzatosi: nella colpevole mancata diagnosi della TVP che il paziente presentava fin dal suo ingresso in Pronto Soccorso; nella mancata esecuzione degli accertamenti strumentali e di laboratorio necessari nonostante il fondato sospetto di una TVP; nella mancata somministrazione dell’idonea terapia anticoagulante nonostante il sospetto di una TVP;
il nesso di causalità materiale tra la condotta dei medici dell’Azienda Sanitaria convenuta e la lesione alla salute del paziente e il nesso di causalità giuridica tra la lesione inferta alla salute del paziente e il danno (decesso del congiunto) per cui gli eredi chiedevano il risarcimento del danno.
La prestazione sanitaria riservata al paziente è stata caratterizzata per gravissima imprudenza, negligenza e imperizia: l’inadempimento dei medici della struttura si è protratto per tutta la durata del ricovero e nulla di ciò che avrebbe dovuto essere fatto è stato, purtroppo, fatto.
Nella vicenda i medici hanno totalmente ignorato la sintomatologia clinica del paziente: anche dopo che la sindrome coronarica acuta era stata esclusa, non hanno tenuto in alcuna considerazione i forti dolori alla gamba sinistra che il paziente lamentava.
Inoltre, se il dosaggio del D-Dimero fosse stato effettuato, la diagnosi di trombosi venosa profonda avrebbe potuto essere posta con certezza pressoché assoluta stante il concomitante forte dolore lamentato dal paziente all’arto inferiore sinistro.
I medici, in attesa dell’Ecodoppler venoso, non solo non prescrivevano il dosaggio del D-Dimero ma non aumentavano nemmeno il dosaggio dell’eparina.
La conseguenza diretta della colpevole negligenza, imperizia e imprudenza dei medici è stata che si è instaurata quell’embolia polmonare massiva (con ostruzione del tronco principale e dell’arteria polmonare sinistra unitamente a numerosi rami segmentari dell’arteria polmonare destra) che ha determinato in pochissimi minuti -a causa della conseguente ipossia da deficit perfusivo polmonare e del susseguente shock cardiogeno da disfunzione acuta del ventricolo destro determinata dall’improvviso aumento delle resistenze polmonari- il decesso del paziente.
Nel processo sono stati prodotti dai nostri fiduciari le relazioni tecniche della Procura della Repubblica e i consulenti del Tribunale penale si esprimono in maniera netta circa la non correttezza dell’operato dei vari sanitari che, nel corso del ricovero, sono entrati in contatto con il paziente e circa la rilevanza causale di tale scorretto operato nell’exitus del paziente, sostanzialmente condividendo tutto l’iter clinico ricostruito dal nostro legale.
Sulla scorta di tali risultanze probatorie gli interessati richiedevano il risarcimento integrale di tutti i danni di carattere morale, biologico (iure hereditatis) e danno non patrimoniale (iure proprio) e danno esistenziale, quantificando il tutto in Euro 750.000.
Le controparti si difendevano chiedendo il rigetto di qualsiasi profilo di responsabilità dei sanitari in quanto evento non prevedibile e non altrimenti evitabile.
La sentenza emessa dal Tribunale competente accoglieva la domanda e dava pienamente ragione agli eredi del paziente deceduto, riconoscendogli tutte le voci di danno richieste e quantificando complessivamente il danno in Euro 613.000 oltre interessi.
Entrambe le controparti rinunciarono a proporre appello e la sentenza divenne così definitiva.
Anche questa vicenda ci ha insegnato che l’errore sanitario è più insidioso dell’errore di un altro professionista.
Nel caso narrato si deve evidenziare che i congiunti del paziente sono la moglie (vedova) e la figlia (in età scolare). Il tragico evento ha sconquassato la serenità di tutta la famiglia e li ha messi in ginocchio economicamente poiché il paziente era l’unico percettore di reddito.
SanaSanitas continuerà sempre a tutelare gli interessi delle persone offese e si farà sempre carico della loro sofferenza e, se del caso, di tutte le esigenze materiali per conseguire i risultati satisfattivi di giustizia sostanziale, utili a garantire un equo compenso a coloro che rimangono improvvisamente orfani o/e vedove, increduli, indifesi.
Riferimenti giurisprudenziali
Primo grado – sentenza n. 867/2023 Tribunale di Ragusa
Legal Team Sanasanitas