Differenze nella tutela risarcitoria per la morte del feto, del nascituro e del non nascituro
In caso di errore medico avente come conseguenza la morte neonatale, per la S.C. il criterio della risarcibilità del danno varia a seconda del fatto che il feto sia nato vivo oppure morto.
Con l’ordinanza n. 22859/2020, si stabilisce una disciplina risarcitoria propria per la perdita “potenziale” del figlio in quanto ciò che si è concretamente perso è la potenziale relazione affettiva tra i genitori e il figlio.
In caso di feto nato morto. Secondo la S.C. “nel caso di feto nato morto è ipotizzabile solo il venir meno di una relazione affettiva potenziale (che, cioè, avrebbe potuto instaurarsi, nella misura massima del rapporto genitore figlio, ma che è mancata per effetto del decesso anteriore alla nascita)”.
La disciplina risarcitoria per la perdita “potenziale” del figlio
A dire dell’ordinanza, la qualità dell’intensità della relazione affettiva con la persona perduta, in caso di feto nato morto, è decisamente più modesta o insussistente data la “non nascita” dell’individuo seppur formatosi nel grembo materno.
Conseguentemente, la morte del feto non può essere equiparata a quella di un figlio nato vivo.
Si registra, quindi, una distinzione tra la morte del neonato, alla quale si riconduce la perdita di un rapporto parentale “effettivo”, e la morte del feto, alla quale si riconduce solo la perdita di una “aspettativa” di rapporto parentale, con ciò manifestando l’interpretazione che il figlio morto prima della propria nascita non sia evento concretizzante “un danno importante” nella vita dei futuri genitori.Questo, in sintesi, il principio di diritto sancito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 22859 del 2020 Sez. III civile. A parere di chi scrive, tale pronunciamento, stride con il principio di diritto parimenti sancito dalla S.C. relativo alla tutela risarcitoria accordata al figlio del genitore deceduto in caso di responsabilità sanitaria (Cfr. Ordinanza n. 19188/2020).
In quest’ultimo caso, la S.C. ritiene che il figlio, in caso di decesso della madre, possa soltanto azionare la responsabilità extracontrattuale in quanto “la figura del contratto con effetti protettivi verso i terzi è utilizzata da questa corte solo con riguardo al contratto della gestante con l’ospedale, e dunque per riconoscere al padre del nascituro ed a quest’ultimo l’azione da contratto in caso di inadempimento, mentre è escluso che la figura possa servire a fattispecie diverse da quella”.
La disciplina risarcitoria per la perdita “potenziale” del figlio
Il tema è sempre quello della risarcibilità dei danni in caso di errore del sanitario, sia quando determina il decesso di un non nascituro sia quando determina il decesso del nascituro.
In caso del decesso del nascituro, la S.C. riconosce tutela rafforzata anche al padre sul presupposto logico/giuridico che la figura protettiva del contratto con effetti protettivi verso terzi è giustificata con l’argomento che il terzo ha un interesse identico a quello dello stipulante (n.d.r. la moglie/madre), un interesse che viene coinvolto dalla esecuzione del contratto nello stesso modo in cui è coinvolto l’interesse della parte contrattuale, del creditore della prestazione.
In caso di decesso del figlio non nascituro, invece, la S.C. nega irragionevolmente l’azione di responsabilità contrattuale (tutela rafforzata).
Analogamente, tale azione viene negata al figlio per il decesso del genitore. Ebbene, non si comprende per quale ragione logica e/o giuridica gli effetti protettivi del contratto di spedalità possono essere estesi al padre del nascituro ma non, per esempio, al padre del non nascituro né ai figli del genitore deceduto o reso gravemente invalido in corso di ricovero.
Riflessioni sul cortocircuito delle normative: incongruenze nella tutela risarcitoria
L’applicazione pratica di tale principio produce un effetto paradossale perché, in caso di morte del nascituro, il padre gode di una tutela rafforzata (con termine prescrizionale decennale) in nome di un rapporto mai esistito con il figlio (purtroppo morto alla nascita); mentre il padre del figlio morto non da nascituro (o il figlio, nel caso di decesso del genitore) gode di una tutela minore (in quanto tutela non contrattuale) nonostante la morte del figlio abbia fatto venire meno un rapporto di affetti consolidato e durevole (anche da decenni).Tanto il principio di diritto sopra richiamato (relativo alla morte del feto) quanto il principio di diritto relativo alla morte del nascituro si fondano sulla teoria degli affetti consolidati tra il genitore e il figlio e/o feto, ma non può non registrarsi un corto circuito in quanto:
- Se muore il feto, i genitori avranno diritto ad una tutela risarcitoria minore (in termini di quantificazione del danno) perché i rapporti di affetto non si erano consolidati e sono rimasti potenziali (Ordinanza n. 22859/2020 Sez. III Cass.);
- Se muore il genitore oppure un figlio non nascituro, la tutela verso i terzi (figli o genitori) è minore nonostante il rapporto di affetto sia fortemente consolidato dal decorso di anni di convivenza (tutela extracontrattuale, Cass. Ordinanza n. 19188/2020);
- Se muore il nascituro, il padre ha diritto insieme alla madre ad una tutela contrattuale rafforzata, nonostante i rapporti di affetto non si siano consolidati a sufficienza (si pensi al nascituro che muore dopo pochi giorni dal parto).
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