L’ordinamento giuridico italiano non prevede l’istituto del “danno punitivo” che è un tipico istituto del diritto anglosassone in forza del quale il giudice può attribuire al danneggiato un risarcimento superiore a quello oggettivamente calcolato a ristoro di un pregiudizio causato dalla condotta del danneggiante. In Italia, pertanto, il risarcimento del danno ha esclusivamente una funzione compensativa per il danneggiato e non anche punitiva per il danneggiante.
Tutto ciò, nella pratica, fa sì che il danneggiante rischia solo la condanna al risarcimento “compensativo” (risarcimento che, per di più, giunge -sovente- all’esito di un giudizio che può durare anni e determinare, per le parti coinvolte, un esborso notevole di risorse).
Su queste basi è facile aspettarsi – come frequentemente accade – una strenue difesa da parte del danneggiante con il rifiuto di qualsiasi addebito di responsabilità e la pretesa di risarcire il danno soltanto all’esito di un processo civile.
Il danneggiato, quindi, per conseguire almeno una giustizia “compensativa”, dovrà agire in sede giudiziaria oppure -in alternativa- accettare una eventuale offerta al ribasso (ma subito esecutiva) di un accordo transattivo con la controparte.
Il danno punitivo, negli ordinamenti in cui è ammesso, costituisce il rimedio agli atteggiamenti dilatori ed oppositivi del soggetto danneggiante.
Come sopra precisato, in Italia il danno punitivo si è sempre scontrato con il sistema di responsabilità civile a carattere compensativo. La Cassazione aveva esplicitamente negato la cittadinanza al predetto istituto di common law con la sentenza n. 1781/2012: «il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non è riconosciuto con caratteristiche e finalità punitive ma in relazione all’effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso».
L’evoluzione del carattere proprio del risarcimento ha però portato, nel tempo, ad aperture sulla liceità per il legislatore di configurare danni punitivi, come misura di contrasto alla violazione del diritto eurounitario (Cassazione, sentenza 15 marzo 2016 n. 5072).
L’incremento del risarcimento come riparazione per i tanti temporeggiamenti sui pagamenti messi in atto dalle compagnie assicurative è stato talvolta comminato con lo scopo di evitare un vantaggio all’assicurazione anche una volta condannata.
La categoria del danno punitivo (che trova applicazione, in particolare, nelle Corti statunitensi) oltre al danno emergente e al lucro cessante, prevede la valutazione di altri elementi come la sostanziale e permanente compromissione della capacità lavorativa, la lesione della sfera relazionale del danneggiato, l’età.
A questa funzione risarcitoria in senso stretto, il danno punitivo aggiunge, tra le proprie finalità principali, quella punitiva e pedagogica proponendosi di punire il colpevole per il suo comportamento malevolo e di distogliere il colpevole – e in senso più ampio la collettività – da comportamenti socialmente dannosi che la sola minaccia del risarcimento compensativo non sarebbe in grado di arginare. Negli Stati Uniti è spesso applicato in risposta al comportamento delle assicurazioni le quali, al fine di scoraggiare il danneggiato dal proseguire l’azione a causa dei tempi lunghi della giustizia così inducendolo ad accettare una transazione per lui penalizzante, resistono strumentalmente e senza fondati motivi alla richiesta risarcitoria.
La società moderna -nella sua complessità- richiede certezza e rapidità nella definizione delle vertenze giuridico-economiche e il nostro sistema giudiziario non è rapido a sufficienza. La tipizzazione di tale posta di danno (c.d. danno punitivo) da parte del legislatore porterebbe notevoli benefici sia al sistema giudiziario (che vedrebbe decongestionato il processo) sia alla parte economicamente più svantaggiata (neutralizzando quella che è la strategia maggiormente in uso da parte delle compagnie assicurative: procrastinare il momento in cui il risarcimento viene erogato allo scopo di fare leva sullo stato di bisogno del danneggiato e così indurlo ad accettare una somma inferiore a quella utile a risarcire il danno effettivamente patito).
Legal Team Sanasanitas
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