Errore giuridico nella valutazione del nesso causale: Le sentenze e i principi della Suprema Corte
L’esperienza pratica dei processi insegna che, talvolta, le sentenze applicano erroneamente i principi della Suprema Corte.
Quando si tratta di diagnosticare e prevenire il progredire di una malattia, gli accertamenti e le cure sono praticate per scongiurare l’evento morte, a nulla rilevando che la malattia – non contrastata perché non diagnosticata – avrebbe verosimilmente portato al medesimo esito dopo un determinato lasso di tempo.
Sostenere quindi che la mancata prevenzione della malattia avrebbe consentito alla paziente di vivere soltanto pochi mesi di più equivale a spostare l’accertamento del nesso causale dall’evento morte al lasso temporale di vita non vissuta.
L’errore giuridico nella valutazione del tempo di vita non vissuta: Un vizio nelle sentenze
Tale errore giuridico – spesso veicolato dalla risultanze della CTU – è censurato dalla Corte di Cassazione poiché viola principi consolidati.
Il nesso causale lega l’operato del sanitario e il pregiudizio del paziente e l’evento morte, anche se successivo, si inserisce nel medesimo illecito.
È questo il principio di diritto elaborato dalla Suprema Corte nella sentenza 27 marzo 2019, n. 8461, che ha accolto il ricorso promosso dai figli di una signora deceduta in corso di causa a seguito di tumore maligno diagnosticato tardivamente.
Il principio di diritto della Suprema Corte sulla responsabilità civile dei medici: La sentenza n. 8461/2019
La S.C., al riguardo, ha avuto modo di ribadire, dando costante continuità al principio enunciato da Cass. SU 576/2008, che “in tema di responsabilità civile, il nesso causale è regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41 c.p., per il quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base del quale, all’interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano – ad una valutazione “ex ante” – del tutto inverosimili, ferma restando, peraltro, la diversità del regime probatorio applicabile, in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi: nel senso che, nell’accertamento del nesso causale in materia civile, vige la regola della preponderanza dell’evidenza o del “più probabile che non“, mentre nel processo penale vige la regola della prova “oltre il ragionevole dubbio”.
La responsabilità professionale dei medici: Dovere di diligenza e nesso causale nelle sentenze
Ne consegue, con riguardo alla responsabilità professionale del medico, che, essendo quest’ultimo tenuto a espletare l’attività professionale secondo canoni di diligenza e di perizia scientifica, il giudice, accertata l’omissione di tale attività, può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell’evento lesivo e che, per converso, la condotta doverosa, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell’evento stesso” (cfr. ex multis Cass. 16123/2010 ed, in termini, Cass. 12686/2011 e Cass. 6698/2018).
Ed è stato altresì affermato che “anticipare il decesso di una persona già destinata a morire perché afflitta da una patologia, costituisce pur sempre una condotta legata da nesso di causalità rispetto all’evento morte, ed obbliga chi l’ha tenuta al risarcimento del danno. (Cass. 20996/2012).
È bene perciò ribadire che la decisione – che focalizza il danno non sull’evento morte ma sul probabile tempo di sopravvivenza – configura il vizio di violazione di legge.
Legal Team Sanasanitas